L'arte ai tempi del Coronavirus Parte 2: Le case d'asta

Il 2020 è stato senza alcun dubbio un anno difficile per il mondo dell’arte. L’emergenza sanitaria e il blocco forzato del lockdown hanno duramente frenato le attività di musei e gallerie e tutti i principali grandi eventi sono stati annullati o rimandati.

Musei, gallerie, fondazioni, fiere e case d’asta hanno dovuto ripensare il proprio business lanciandosi nel digitale e nell’online per poter continuare a portare avanti le proprie attività e restare vicini al proprio pubblico. Nella puntata precedente abbiamo parlato delle fiere d’arte, forse le più colpite dalla crisi. Adesso tocca alle case d’asta, per cui il discorso cambia e non di poco.

Sotheby’s, Christie’s, Phillips: un’occasione colta

Se le fiere d’arte hanno sofferto la differenza tra l’esposizione fisica delle opere e la controparte digitale, le case d’asta sembrano aver reagito decisamente meglio. I big (Sotheby’s, Christie’s e Phillips in primis) hanno confermato l’interesse verso il digitale, lanciandosi fin da subito in nuove modalità online che hanno preso il posto dell’evento fisico.

Siti web e social network sono diventati i principali canali di marketing, a supporto dell’evento non più fisico, ma digitale. Dopo un iniziale momento di spaesamento, hanno così preso sempre più piede nel primo semestre dell’anno le aste online.

Ottimi i risultati considerato il periodo di crisi, e gli acquirenti si sono dimostrati pronti a lanciarsi negli acquisti online. Si trattava di un mercato già fortemente internazionale e forse proprio per questo c’era già una discreta apertura verso l’online. In più il 2020 ha confermato un trend già presente da qualche anno: parte degli investitori appartengono alla più giovane generazione dei millennial, un pubblico quindi in partenza più orientato al digitale.

Online-only, aste ibride e private sales

Nella prima parte del 2020, il formato online-only ha dominato il settore: aste tenutesi esclusivamente online che hanno connesso compratori da tutto il mondo per aggiudicarsi i lotti più ambiti.

Nonostante il discreto successo, il format che è poi risultato dominante è stato quello delle aste ibride. Lanciate da Christie's, Sotheby's e Phillips nell'estate 2020, sono condotte sia di persona sia online, spesso in live-streaming.

Dall’analisi di ArtTactic, società che si occupa di analisi e monitoraggio del mercato dell’arte, è emerso che le aste ibride hanno rappresentato il 32,2 % del valore totale scambiato in asta (2,37 miliardi di dollari su un totale 7,37), mentre le aste solo online “solo” il 13,8 % (1,02 miliardi su 7,37).

Infine, un altro format che sta dominando la scena è quello delle private sales, vendite a trattativa privata tra i due collezionisti appoggiandosi alla casa d’asta. Un trend sempre più in voga: basti pensare che Christie's ha registrato per le private sales un'attività di vendita che nei primi quattro mesi del 2020 è aumentata di quasi il 120% rispetto al 2019.

Questo è in breve il nuovo assetto delle case d’asta, una delle componenti più importanti del mercato dell’arte, e l’unione tra digitale e fisico sembra sempre più la giusta via da percorrere per resistere alla crisi e non smettere di innovarsi.