NFT tra autenticità, possesso e diritti d'autore

Di Gilberto Cavagna e Sofia Kaufmann


Bruciare un’opera d’arte e rivenderla al quadruplo non è un’utopia, ma quanto avvenuto lo scorso marzo a una delle cinquecento stampe della serie Morons di Banksy.

L’arte di Banksy non è nuova peraltro a questo genere di notizie. Infatti, non è la prima volta che una sua opera viene minacciata o irreversibilmente alterata. Si pensi al murales Slave Labour misteriosamente rimosso nel 2013 dalla sua ubicazione originaria, nella zona di Wood Green a Londra, e riacquistato all’asta nel 2018 dall’artista statunitense Ron English con l’intento di “rimbiancarlo”; o ancora all’inaspettata autodistruzione del dipinto Girl with Baloon ad opera dello stesso artista pochi secondo dopo il suo passaggio in asta da Sotheby’s per oltre un milione di sterline, sempre nel 2018.

In questo caso la vicenda si intreccia con l’ultima tendenza del mondo dell’arte: gli NFT, ossia i Non Fungible Token. Un NFT non è altro se non un codice - una sequenza di informazioni crittografate abbinata ad un file digitale ed inserita in una blockchain - che certifica l’unicità del file stesso, la sua infungibilità rispetto a qualsiasi altro file digitale che pur potrebbe riprodurre esattamente lo stesso contenuto.

Sebbene qualsiasi file digitale possa essere tokenizzato, negli ultimi mesi l’acronimo NFT è spesso legato al mondo dell’arte e tutti sembrano essere impazziti per la cosiddetta cripto art, arte che nasce digitale o, come nel caso dell’opera di cui stiamo parlando, viene digitalizzata e successivamente autenticata abbinandola a un NFT. Ed è per l’appunto ciò che è stato fatto lo scorso 4 marzo da Injective Protocol (una piattaforma di finanza decentralizzata) che, pochi istanti dopo aver bruciato in diretta streaming una stampa autentica della serie Morons, ha creato un NFT dell’opera e lo ha venduto all’asta il giorno successivo, realizzando quasi quattro volte il suo valore. Infatti, l’opera digitalizzata, che nella sua forma originaria era stata acquistata da una galleria di New York per 95.000 dollari, è stata rivenduta per oltre 380.000 sulla piattaforma OpenSea.

Le ragioni di tale iniziativa, che a molti potrebbe sembrare una semplice provocazione, sono state prontamente illustrate dagli stessi fautori dell’operazione che l’hanno definita “il primo vero esempio di transizione da un’opera d’arte fisica a un bene digitale unico”. Spiegando che durante tale transizione la distruzione dell’opera cartacea rappresenta essa stessa un momento di espressione artistica, la creazione di una nuova forma d’arte attraverso la realizzazione di un NFT che rimane l’unica versione dell’opera; diversamente, senza la distruzione dell’opera fisica, il valore rimarrebbe insito in quest’ultima. Così, Injective Protocol, distruggendo e ricreando digitalmente il lavoro, ha fatto sì che nessuno possa in futuro alterarlo o modificarlo e ha immortalato per sempre l’opera originale. Opera la cui scelta non è stata casuale; Morons, infatti, con un commento sarcastico al mercato dell’arte, raffigura la vendita all’asta di una tela bianca, sfarzosamente incorniciata, su cui si può leggere la seguente provocazione: “I can’t believe you morons actually buy this shit”, ovvero “Non posso credere che voi idioti compriate davvero questa schifezza”.

Quello che potrebbe sembrare un gesto di critica o un semplice atto emulativo diviene quindi un tributo all’artista e un messaggio entusiastico nei confronti di chi è appassionato di nuove tecnologie ed arte.  

Oltre all’entusiasmo e all’originale di un file digitale che tutti possono vedere, ci si chiede tuttavia cosa abbia acquistato per oltre $ 300.000 il fortunato che si è aggiudicato questo NFT. In un periodo in cui sempre più spesso si sente di NFT venduti per cifre iperboliche, ci si domanda cosa acquista precisamene chi compra un NFT? E, di conseguenza, di quali diritti diventa titolare?

NFT come garanzia di autenticità e possesso

Ciascun NFT è infungibile, unico e diverso da qualsiasi altro. Chi acquista un NFT sostanzialmente diventa titolare di un “certificato” che attribuisce unicità a un token (assicurandone la provenienza) e costituisce la proprietà di un bene che può essere un’opera digitale o un’opera digitalizzata, ossia un’opera fisica nella sua versione digitale (ovviamente senza che l’opera materiale venga necessariamente distrutta). Con l’acquisto di un NFT, pertanto, non si trasmette nessun diritto ulteriore rispetto alla proprietà del bene a cui il certificato è riferito; così come comprando un dipinto o una scultura si acquisisce solo il diritto di proprietà sull’opera e non anche i relativi diritti di utilizzazione economica che, se non espressamente trasferiti, restano in capo all’autore che può inibirne qualsiasi sfruttamento non autorizzato (ferme le ipotesi residuali di libere utilizzazioni previste dalla legge).

Gli NFT, dunque, hanno suscitato grande interesse, oltre che per il consenso ricevuto dal mercato, anche perché sembrerebbero garantire la provenienza e l’ “originalità” di un’opera. L’uso del condizionale è dovuto al fatto che se da un lato è vero che le informazioni relative ad un’opera tokenizzata rimangono cristallizzate nella blockchain e che dunque non possono essere alterate, dall’altro nessuno assicura che tali informazioni siano veritiere. Il che comporta un elevato, se non addirittura assoluto, grado di attendibilità per gli NFT venduti direttamente dagli artisti, ma non garantiscono altrettanto un’opera che sia già stata immessa sul mercato; non assicurando, ad esempio, che l’opera sia autentica o che colui che la vende sia il legittimo proprietario o il legittimo titolare di determinati diritti d’autore. Pertanto, nell’acquistare un’opera digitalizzata e tokenizzata, è comunque necessaria un’elevata prudenza, sia in relazione ai diritti di cui si diventa titolari, sia in relazione ai diritti di cui è titolare il venditore, in quanto la digitalizzazione di per sé costituisce una forma di riproduzione, diritto che, come evidenziato, non viene trasferito automaticamente con la proprietà del bene e di cui l’autore, o il titolare dei relativi diritti, potrebbe lamentare una violazione, che andrebbe a danneggiare l’incauto acquirente.


L'autore

Partner di Andersen, Gilberto Cavagna ha maturato una quasi ventennale esperienza nell’assistenza stragiudiziale e nella difesa giudiziale nel settore della proprietà intellettuale e del diritto dell’arte.

Avvocato cassazionista, è stato selezionato come arbitro della Court of Arbitration for Art dell’Aja e partecipa regolarmente come relatore a seminari e convegni su tematiche IP e diritto dell’arte. È autore di numerosi articoli e contributi per giornali e riviste in materia di proprietà intellettuale e cura da anni un blog su Linkedin e Facebook dedicato tematiche del diritto della proprietà intellettuale e dell’arte dal titolo “TIP TAP - Thoughts on intellectual property and art protection”.

Appassionato di street art, recentemente ha collaborato alla realizzazione del volume “Copyright in Street Art and Graffiti” pubblicato da Cambridge University Press.

Gilberto Cavagna, avvocato